Continua l’analisi del c.d. Decreto del Fare (in attesa della conversione), con lettura e conseguente tentativo di interpretazione dell’art. 185 bis c.p.c..
Per come noto, con il decreto legge n. 69/2013 è stato introdotto (art. 77 1) l’art. 185 bis cpc, intitolato ‘Proposta di conciliazione del Giudice’.
L’articolo recita: ‘Il giudice, alla prima udienza, ovvero sino a quando è esaurita l’istruzione, deve formulare alle parti una proposta transattiva o conciliativa. Il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio‘.
Risorge, quindi, la conciliazione giudiziale, prima estromessa dal codice di procedura civile, ora reintrodotta dal Decreto del Fare, in forma ancor più pregnante (poiché imperativa).
Si tratta di un istituto che rientra a pieno titolo nella scia dei recenti interventi del legislatore (anzi, del governo), volti a ridurre il contenzioso, evitando la pubblicazione di sentenze e disincentivando le liti (con aumento contributo unificato e imposta di bollo, decadenze e restrizioni per appelli, obbligatorietà della mediazione, ecc.).
Tanto, a parere di chi scrive, non si addice molto al Giudice italiano che è, per come noto, una figura istituzionalmente volta a dirimere il contenzioso, poiché emette un provvedimento finale (la sentenza) idonea ad attribuire una ragione o un torto ad una delle parti in causa.
E’ già molto difficile far capire a tutti (ma davvero a tutti) che il conciliatore NON E’ UN GIUDICE, e questo articolo 185 bis, sicuramente non faciliterà le cose, poiché le funzioni di giudice e di conciliatore, saranno ancor più ‘miscelate’, generando molta confusione.
Del resto siamo in Italia e, dunque, è difficile tentare una conciliazione tra le parti… figuriamoci ad imporla.
Nemmeno ai mediatori è concesso di “imporre” una conciliazione e solo in casi estremi, possono formulare alle parti una proposta (con disappunto di quasi tutti i giuristi, anzitutto poiché la proposta è considerabile alla stregua di ‘giudizio anticipato’, poi perché, in caso di rifiuto, rischia di influenzare il giudice di merito, provocando una condanna aggravata del rinunciante).
Con questa norma, quindi, il Giudice è obbligato, fino a che non sia chiusa l’istruttoria, a formulare alle parti una proposta transattiva o conciliativa.
Si ritiene che, in tal modo, il giudicante finirà per anticipare alle parti le sorti del giudizio, poichè per proporre una soluzione transattiva o conciliativa, dovrà studiare gli atti e i documenti prodotti in giudizio dalle parti in sede di costituzione (se la proposta viene fatta alla prima udienza), ovvero gli ulteriori documenti e le prove espletate (se la proposta viene fatta successivamente).
E’ chiaro, quindi, che gli avvocati interessati dovranno valutare attentamente la proposta del giudice, attese le conseguenze che ne deriveranno in caso di rifiuto della stessa senza giustificato motivo.
Il giudice, quindi, è chiamato alla difficile e delicata funzione di dirimere il contenzioso ponendosi in una posizione di imparzialità ed assoluta terzietà rispetto alle parti… il tutto, cercando di evitare (ove possibile) violazioni al principio generale di divieto di anticipazione del giudizio.
In attesa di una (probabile) redenzione in sede di conversione, si segnala l’ordinanza del 4/4/13 resa dal Tribunale di Milano secondo cui l’art. 185bis cpc trova applicazione immediata anche per i processi pendenti, in forza del principio tempus regit actum.
Tra gli emendamenti proposti al decreto in corso di ratifica, v’è anche quello di smontare completamente la portata (come sopra criticata) dell’art. 185 bis cpc, rendendo ‘facoltativo’ il tentativo.
Chi vivrà, vedrà ;)
Avv. Fernando Scrivano
Note a piè di pagina- 1. Art. 77
(Conciliazione giudiziale)
1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) dopo l’articolo 185 e’ inserito il seguente:
“185-bis. (Proposta di conciliazione del giudice) – Il giudice,
alla prima udienza, ovvero sino a quando e’ esaurita l’istruzione,
deve formulare alle parti una proposta transattiva o conciliativa. Il
rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza
giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice
ai fini del giudizio.”;
b) all’articolo 420, primo comma, primo periodo, dopo la parola
“transattiva” sono aggiunte le parole “o conciliativa”; allo stesso
comma, secondo periodo, dopo la parola “transattiva” sono aggiunte le
parole “o conciliativa”. [↩]