Giudice onorario condannato per avere irragionevolmente allungato la durata di un processo.


A stabilirlo è stata una recente sentenza della sezione pugliese della Corte dei Conti (sentenza 251 del 18/2/13) che, accogliendo l’imputazione del procuratore regionale, ha condannato un GOA a pagare all’Erario, la somma di € 5.000,00, poiché reo di avere irragionevolmente allungato la durata di un processo, provocando addirittura la soccombenza dello Stato, nel giudizio di equa riparazione ex L. Pinto, avviato dall’attore del giudizio ritardato, dinanzi alla C. App. di Lecce.

Il principio espresso dalla Corte Conti è che, il Giudice responsabile di una irragionevole durata del processo, per avere ritardato atti del proprio ufficio, non può richiamare a propria discolpa la disorganizzazione e le disfunzioni dell’ufficio giudiziario.

Il Giudice è sempre tenuto, infatti, ad adottare adeguate cautele che gli consentano di avere contezza dei fascicoli in carico e che deve portare a decisione, non potendo egli affidare il reperimento di detti fascicoli alle sollecitazioni e alla collaborazione dei difensori delle parti.

Nel caso in esame, hanno sicuramente prodotto un irragionevole allungamento della durata fisiologica della causa i seguenti inaccettabili ritardi: di tre anni e cinque mesi per rinvii istruttori superiori ai quattro mesi; di sette mesi per assoluta mancanza di attività processuale fra il 6/3 ed il 14/10/1999 e di altri tre anni e cinque mesi per il deposito della sentenza.

In definitiva, nella vertenza a suo tempo instaurata presso il Tribunale di Bari, l’attore ebbe a subire un complessivo allungamento della durata fisiologica di circa sette anni e cinque mesi in più rispetto alla ragionevole durata che quel processo avrebbe dovuto avere, giusta 2° co., art. 111 della Costituzione come novellato dalla legge costituzionale 23/11/1999 n. 2.

Evidente, quindi, è il danno patrimoniale subito dall’Erario, poiché costretto dalla C. App. di Lecce, a causa del ritardo nel giudizio, all’esborso per equa riparazione.

Evidente è, altresì, il nesso causale, dal momento che alla produzione del ritardo irragionevole e ingiustificato nella conclusione del processo, che ha determinato la condanna del Ministero della Giustizia, hanno contribuito in modo significativo i tre anni e cinque mesi di ritardo irragionevole e ingiustificato nel deposito della sentenza, ascrivibili all’inerzia del convenuto.

Quanto all’illiceità della condotta, è manifesto come il convenuto abbia violato un obbligo primario del Giudice, di deposito tempestivo dei propri provvedimenti, che costituisce regola essenziale per l’effettiva attuazione del fondamentale principio, di espressa canonizzazione costituzionale (art. 111), del “giusto processo”, la cui reale osservanza non può prescindere dalla “ragionevole durata” dello stesso.

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Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Messina nel 2001. Ha svolto la pratica forense presso lo Studio Legale Provenzano in Cosenza, conseguendo l’abilitazione nel 2003. E’ iscritto all’albo dei Conciliatori presso la Camera di Commercio di Cosenza ed è attualmente Conciliatore presso lo stesso Ente. E’, altresì, iscritto nell’albo degli Arbitri presso la Camera Arbitrale ‘C. Mortati’ della CCIAA di Cosenza. Il suo nominativo è presente sia nell’albo dei difensori di ufficio che in quello del gratuito patrocinio per i non abbienti (nella sezione diritto civile). Si occupa prevalentemente di processo telematico, diritto civile, fallimentare, separazioni e divorzi, appalti, infortunistica in generale, recupero crediti ed esecuzioni, diritto tributario, consulenza specialistica ad imprese.

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