La sentenza in esame, n. 783/2013, conferma l’indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo cui si esclude l’applicabilità della c.d. ‘responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 c.c.‘ nei casi relativi a beni del demanio stradale, rispetto ai quali non è oggettivamente possibile svolgere alcuna vigilanza finalizzata ad escludere la presenza di ‘insidie e/o trabocchetti‘, in ragione dei requisiti della notevole estensione e dell’uso generalizzato e diretto degli stessi beni da parte dell’utenza.
Si applica, invece, la disciplina di cui all’art. 2051 c.c., quando l’estensione dei beni demaniali è tale da consentire l’esercizio di un continuo ed efficace controllo che valga ad impedire l’insorgenza di pericoli per i terzi, ovvero quando, pur essendo elevata l’estensione del bene custodito, l’elemento che ha causato il danno non sia stato rimosso per tempo, o a causa di colpevole inerzia del custode della cosa.
Nel caso in esame, un utente della strada aveva richiesto alla soc. Autostrade il risarcimento del danno subito per avere impattato con il proprio automezzo contro un pneumatico abbandonato sulla carreggiata autostradale.
Secondo la norma che regola la fattispecie (art. 2051 c.c.), applicabile anche nei confronti del gestore della cosa che ha cagionato il danno, si può essere chiamati a rispondere dei danni provocati anche per omissioni di manutenzione della strada.
Essendo una delle poche ipotesi di responsabilità ‘oggettiva’, e richiedendo per la sua configurazione la sola sussistenza del mero rapporto casuale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, tale tipologia di colpa è esclusa solamente nella ipotesi di ‘caso fortuito’, consistente nel fatto del terzo o in un fatto dello stesso danneggiato, caratterizzato dagli elementi della imprevedibilità ed inevitabilità. Si tratta dell’unica ipotesi in grado di ‘rompere il nesso di causalità’ tra evento e danno e scongiurare l’applicabilità dell’art. 2051 c.c..
Sul punto, relativamente alla società Autostrade, la Suprema Corte è stata da sempre molto rigorosa, ritenendo sussistente la presunta responsabilità del gestore ‘in ragione della destinazione della rete viaria alla percorrenza veloce in condizioni di massima sicurezza per gli utenti” 1
Incombe, quindi, sul gestore dell’autostrada dimostrare l’inesistenza di una propria negligenza per omessa vigilanza e, dunque, sarà configurabile il caso fortuito solo per quelle situazioni di pericolo procurate dall’utenza stessa, ovvero da imprevedibili e fortuite alterazioni dello stato della cosa, non risolvibili con intervento tempestivo per mancanza di tempo strettamente necessario a provvedervi.
In questa ipotesi, invece, tale scriminante non è stata ritenuta sussistente, in ragione del notevole lasso temporale intercorso tra la segnalazione del pericolo e il non tempestivo intervento del gestore.
Da qui la condanna dell’Ente, in applicazione dell’art. 2051 c.c..
Note a piè di pagina- 1. Corte di Cassazione, 7 Aprile 2009 n. 8377[↩]