Mi permetto di postare un articolo di Ishmael pubblicato su Italia Oggi (del 14/08/12), perché, a mio avviso, molto interessante, riflessivo, ironico, pungente, crudo! E’ ovvio che la decisione di salvaguardare l’ambiente e la salute è assolutamente ed indiscutibilmente giusta, ma come al solito, la rigida applicazione della legge, porta a conseguenze funeste, in un paese già martoriato dalla crisi.
Per leggere la versione originale:
Praticamente chiusa l’acciaieria, condannata senza processo la «logica del profitto», scoraggiati una volta per tutte gl’investimenti esteri a loro volta devoti alla bieca religione del profitto, ma soprattutto contenti i magistrati, che hanno fatto vedere chi comanda in un paese civile e timorato, non le istituzioni elettive e tanto meno il popolo ma una piccola, infima casta di vincitori di concorso_ be’, elencate così tutte le disgrazie, veniamo al punto: decine di migliaia di lavoratori sono finiti o finiranno presto a spasso. Come metteranno insieme il pranzo con la cena? Col welfare, naturalmente, o con quel poco (per non dire pochissimo) che ne rimarrà alla fine della presente legislatura. Come c’è una «logica del profitto», da denunciare come ostile alla comunità umana, c’è una logica di Pantalone, invece proba e solidale. È lui, Pantalone, a finanziare la sentenza che sospende in via provvisoria l’industria dell’acciaio e, dopo aver messo sulla strada gli operai che ci lavorano, allungherà loro, bene che vada, un modesto mensile, che oltretutto non durerà a lungo. Paga tutto lui, Pantalone. Chi pensate che paghi le spese di chi ha messo (e guai a lamentarsene) mezza nazione sotto intercettazione telefonica? Pantalone. C’è il borsellino di Pantalone dietro il costoso processo della patonza mosso contro l’ex presidente del consiglio e i suoi compari di bisboccia dai magistrati milanesi (già campionissimi della lotta contro la politica corrotta, da oggi in prima linea anche contro il priapismo, il più capitale dei peccati). C’è il tesoro di Pantalone dietro tutte le spese inutili e insensate di cui l’esecutivo bocconiano afferma di voler venire a capo con la spending review.
Ma intanto, finché c’è Pantalone, perché farsi fretta? Non è strano, dunque, che lo stesso governo che dice di voler contenere la spesa non abbia neppure commentato la decisione del Gip di Taranto che ha avallato la chiusura provvisoria dell’Ilva e condannato in questo modo 12.000 operai con relative famiglie al peggior guaio che si possa passare in tempo di crisi: la disoccupazione e nessuna speranza di trovare un altro lavoro.
Se il Caro Leader non dice niente (non fosse che per rassicurare i mercati e gl’investitori, come prima dell’Ilva non faceva che ripetere) è appunto perché c’è Pantalone. Servono soldi? Sarà Pantalone a pagare. È per questo — e anche un po’, ma soltanto un po’, per garantire la sopravvivenza dei lavoratori dell’Ilva di Taranto — che la Guardia di finanza è a caccia d’evasori fiscali sulla frontiera con la Svizzera: la magistratura pugliese ha bisogno di soldi, c’è mezza Italia da intercettare, non c’è italiano che non covi sotto i baffi pensieri impuri. Pensate che sia gratis mandare gli operai a spasso e i sudicioni sotto processo?